Yurchenko

Maksym  Yurchenko

Avvocato, Società per la protezione della famiglia e della personalità, Ucraina

 

Proteggere i diritti dei bambini nell’ambito della formazione del loro sistema di credenze

 

Per comprendere appieno il problema a cui fa riferimento il titolo della presente relazione, dobbiamo passare attraverso numerose fasi.

 

Per iniziare, esaminiamo le questioni collegate all’attuale definizione del termine “diritti umani” in generale. Successivamente affronteremo in particolare il concetto di diritto umano alla libertà di coscienza e di credo religioso. In seguito esamineremo le peculiarità che emergono durante la realizzazione dei diritti del bambino nel contesto del diritto umano alla libertà di coscienza e di credo religioso. E infine mostreremo esempi complessi e toccanti emersi durante l’attuazione pratica di questi diritti nella formazione del sistema di credenze del bambino, tenendo in considerazione la posizione speciale che esso assume nel sistema legislativo e delle relazioni sociali.

 

Per quanto riguarda il termine “diritti umani”, il genere umano ha fatto tanta strada. In passato hanno abbondato processi ed errori prima di giungere a un riconoscimento universale dei diritti dell’uomo. Questo risultato è stato pagato a caro prezzo e, come con ogni vittoria fatta con grandi sacrifici, il risultato è stato poi nel tempo inserito nella categoria sacra. Qualsiasi tentativo di comprendere la reale portata e la reciproca influenza di questi diritti incontra spesso una ricezione ostile e riceve etichette di “abuso di diritti umani”. È tuttavia noto che i diritti non esistono senza responsabilità, altrimenti la società sarebbe dominata da caos e anarchia. La responsabilità universale è quella di prevenire abusi discriminatori da parte di un gruppo di diritti umani nell’area in cui opera un altro. In altre parole non è ammissibile concedere a qualsiasi diritto un potere assoluto, trasformandolo in un principio a cui tutti gli altri diritti umani devono adeguarsi. In questo caso tale “diritto standard” entrerebbe sicuramente nella sfera degli interessi sociali protetti da un altro diritto e provocherebbe “un conflitto di interessi”.

Dunque la prevaricazione di un diritto su un altro conduce al loro indebolimento e aumenta il rischio di infrazione dei principi di giustizia e armonia. Ecco perché è necessario definire i limiti reali di esistenza per qualsiasi diritto umano nei suoi rapporti con altri diritti umani fondamentali.

È essenziale riconoscere che le categorie del bene e del male sono categorie relative e, conseguentemente, nessun principio o diritto può essere assoluto. Devono essere esaminati dal punto di vista del vantaggio e del danno e da quello della sicurezza e del pericolo per lo sviluppo della società. Il dogma (nella sua determinazione) non può essere una condizione per lo sviluppo. C’è inoltre la particolarità che la società europea da un lato fonda il suo sviluppo sulla garanzia della diversità e della stabilità per le tradizioni storiche e culturali dei paesi europei e, dall’altro, si trova in uno stato di flusso economico e sociale. Questo genere di cose influenza la comprensione del termine “diritti umani” e pone nuove richieste al suo contesto. Esso dovrebbe essere stabile e al contempo dinamico. L’espansione del suo significato e della sua interpretazione dovrebbe verificarsi in modo appropriato sulla base dell’apprendimento continuo di nuovi termini e realtà che emergono nell’attività umana di tutti i giorni, con un’attenzione per le tradizioni culturali e giuridiche di specifiche nazioni europee. Ricordiamo le parole di Jefferson “il prezzo della libertà è la vigilanza eterna”.

In qualità di avvocato e consulente legale per la Società per la protezione della famiglia e della personalità mi è spesso successo di imbattermi in dispute legali sorte durante la difesa di diritti umani nell’ambito di procedimenti legali a livello civile. Va notato che si tratta di una parte della pratica legale di un avvocato molto complessa e di cruciale importanza perché connessa a molti aspetti dell’attività umana. È complessa e non precisamente regolata a livello di legislazione nazionale o internazionale. Nonostante tutte le discussioni sulla necessità di proteggere i diritti umani, oggi la risoluzione pratica di ciascun problema particolare dipende soprattutto dalle opinioni e dalle idee della persona che interpreta e porta avanti la risoluzione.

Il problema più grave nella violazione del limite di un diritto con un altro può essere riscontrato nell’attuazione del diritto alla libertà di coscienza e di credo religioso e nei diritti dei bambini che garantiscono loro sicurezza e un ambiente sicuro. L’importanza di questa questione è univoca, perché la non osservanza del primo gruppo di diritti umani ha causato ai popoli tante guerre e sofferenze, mentre la non osservanza della seconda categoria mette in dubbio l’esistenza e lo sviluppo di una società.

Tali diritti sono sanciti in dettaglio nei seguenti documenti internazionali:

articoli 2, 18, 19, 29 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948)

articoli 9, 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (1950)

articoli 2, 5, 14, 18, 19, 32 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo (1989).

A prima vista, vediamo qui una spiegazione esauriente dei diritti umani e in particolare dei diritti dei bambini, ma in pratica niente è così semplice. In tempi recenti si è formata in modo persistente una posizione che porta il gruppo di diritti umani alla libertà di coscienza e di credo religioso a svolgere un ruolo dominante nella vita sociale. In pratica con questo genere di posizione si richiede la rimozione e l’indebolimento, fino all’eliminazione completa, del controllo governativo e statale sul processo di funzionamento e registrazione delle organizzazioni religiose.

Da un lato tale posizione è evidente e chiara perché deriva direttamente dal concetto di diritto umana alla libertà di culto. Dunque un tentativo di introdurre limitazioni o controlli non può essere percepito come niente altro che un abuso al mondo intrinsecamente spirituale di un individuo. Dall’altro lato, tale modello di sistema umano sociale è presentato sotto forma di unità astratta che consiste in un individuo completamente formato, che ha un’opinione ben radicata sul bene e sul male, che riconosce il significato della sua esistenza ed è responsabile per la sua vita a propria discrezione.

Sfortunatamente la società reale non consiste in senso generale di individui che corrispondono ai criteri menzionati precedentemente. Una delle categorie più numerose di persone che sono limitate nella realizzazione dei propri e numerosi diritti è quella dei bambini. La questione non riguarda i diritti dei bambini in quanto tali, ma la possibilità che essi utilizzino questi diritti facendo, in altre parole, una scelta in modo consapevole.

L’abilità e la possibilità di compiere una scelta consapevole rappresenta l’Alfa e l’Omega di una società democratica contemporanea. Senza questo nessuna persona rappresenta una unità sociale, ma semplicemente un protoplasma o una specie di “Asino di Buridano”, il cui non invidiabile destino è quello di morire di fame (a causa dell’impossibilità di prendere una decisione) tra le fascine di fieno. Ma non è possibile prendere una decisione senza le informazioni e le capacità pratiche per elaborare e usare tali informazioni.

Le risorse cognitive di bambini e adulti sono di due grandezze incomparabili. Dal momento in cui nascono, i bambini dipendono dagli adulti per tutti i loro bisogni e occorre molto tempo prima che apprendano. Il modo in cui i genitori rispondono alle necessità e alle richieste dei bambini e il modo in cui reagiscono alle loro espressioni ha un impatto profondo sul processo di formazione del loro sistema di credenze relativo al loro ambiente e a loro stessi. In questo periodo si formano molte impressioni negative perchè i bambini non posseggono ancora la capacità di rifiutare ciò che per loro costituisce un danno.

Assorbono tutto ciò che proviene dalle persone che sono loro vicino, da coloro a cui credono o vogliono credere, dalle persone da cui dipendono le loro vite. In un contesto generale, un bambino, oltre ai genitori o alle persone che ne fanno le veci, dipende dall’ambiente sociale presentato dalle sue istituzioni sociali e statali.

Lo status sociale e psicologico del bambino implica per la società e lo Stato la responsabilità speciale di proteggerne i diritti. Si ritiene comunemente che un meccanismo efficace di protezione dei diritti dei bambini dovrebbe comprendere almeno due elementi: inquadramento dei diritti dei bambini nel sistema legislativo nazionale e determinazione dei corrispondenti organi statali per il controllo e la protezione dei diritti dei bambini dagli abusi perpetrati sia dalle persone nelle immediate vicinanze, ossia i genitori o chi ne fa le veci, che dalle organizzazioni statali, religiose o di altro tipo.

L’Ucraina è andata in questa direzione. Sono stati introdotti i diritti dei bambini incorporando nella legislazione nazionale la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo. In pratica tali diritti trovano riscontro nelle normative nazionali sottoforma di “Tutela dei bambini”, “Prevenire la violenza nella famiglia” e nel Codice familiare e civile di leggi. Ci sono anche istituzioni statali per proteggere i diritti dei bambini. Si tratta di organi di tutela, agenzie per gli affari giovanili in ogni regione e organi di polizia giovanile.

In una situazione ideale l’intero meccanismo è stato creato per reagire prontamente a qualsiasi abuso perpetrato nei confronti dei diritti dei bambini con l’obiettivo di prevenire, allontanare e rendere inefficace tutto ciò che possa andare contro gli interessi del bambino e il loro sviluppo sano. Ma in pratica tutto è un po’ più complicato, perché una violazione dei diritti dei bambini viene stabilita e associata solo con un atto diretto di violenza. Tali incidenti di violenza che gli occhi non vedono (per esempio la violenza psicologica) rimangono latenti e si nascondono dietro la reazione dello Stato.

La nostra esperienza mostra che una violazione dei diritti dei bambini alla libertà di coscienza è collegata strettamente alla violazione di altri loro diritti e spesso rappresenta una minaccia per la loro salute. Questo è particolarmente evidente quando esaminiamo le attività dei culti totalitaristici e le tendenze distruttive. Rappresenta una categoria speciale il caso in cui i bambini si imbattono in un culto distruttivo, senza informare i propri genitori, tutori o le adeguate agenzie statali e senza comprendere chiaramente quello che succede in queste organizzazioni religiose.

Nel novembre 2005 per esempio, la  Società per la protezione della famiglia e della personalità ha ricevuto da diverse fonti notizie sullo sfruttamento di bambini senza casa durante la costruzione di uffici per una delle organizzazioni religiose carismatiche che aveva almeno 2000 parrocchiani. Come risultato abbiamo scoperto che, nascondendosi dietro lo svolgimento di attività caritatevoli per aiutare i bambini senza tetto nella stazione ferroviaria della città, recrutatori della setta avevano radunato 12 giovani di diversa età e sesso. In seguito i direttori del culto gli offrivano vitto e alloggio gratuito in un edificio di culto. Verrebbe da pensare che i bambini avevano avuto fortuna. Tuttavia non tutto filò così liscio.

Insieme ai locali iniziammo a esaminare queste vicende anche attraverso l’agenzia per gli affari giovanili della città e del distretto in tutte le dichiarazioni e fatti. Il campanello suonò quando il pastore leader del culto non si presentò a un incontro con gli ispettori ma parlò loro al telefono. Gli ispettori non riuscirono a incontrare i bambini perchè i seguaci del culto gli chiesero di lasciare senza ulteriori ritardi il territorio di un edificio di culto, con il pretesto che quell’azione rappresentava per loro una violazione dei loro diritti di credo religioso.

Le ulteriori indagini portarono ad accertare che i bambini erano stati usati durante le funzioni religiose per raccogliere ulteriori donazioni dei parrocchiani, per mostrare una tendenza caritatevole nell’attività del culto e ottenere un pezzo di terra dalle autorità locali al fine di costruire un nuovo edificio di culto. Durante le funzioni i leader del culto enfatizzavano le difficili condizioni di vita di questi bambini senza tetto e veniva data un’attenzione particolare alla violenza tra di loro, specialmente in relazione agli abusi sessuali. La pratica comune era quella di fissare l’attenzione del pubblico su una vittima particolare di abusi sessuali e di metterla al centro dell’attenzione. Le storie di stupri potevano essere ripetute svariate volte durante la funzione per sottolineare e drammatizzare il dolore, la paura e la disperazione delle vittime. Prima di essere portati sul palco i bambini ricevevano bei vestiti che dovevano riconsegnare alla fine del sermone. Una condizione essenziale per avere vitto e alloggio era la partecipazione attiva alla vita religiosa del culto. Alzarsi alle 5:30 a.m. per partecipare alla funzione del mattino, poi lavorare come manovali nel cantiere degli edifici amministrativi del culto, partecipare alla funzione di mezzogiorno, ancora lavoro, partecipazione alla funzione della sera, ecc.

In questo modo venivano formate le credenze religiose dei bambini senza che questo corrispondesse al volere dei genitori o dei tutori. Conseguentemente i bambini non avevano interesse per lo studio e per il proprio futuro (perché “il mondo sarebbe andato distrutto presto”), divenivano apatici ed eccessivamente aggressivi nei confronti dell’ambiente al di fuori del culto e così via.

Uno studio più dettagliato dei documenti e delle attività ha rivelato altre violazioni di normative da parte di questo culto. Iniziammo una valutazione accurata condotta da esperti dell’Istituto statale per i problemi della famiglia e dei giovani sotto l’egida del Dipartimento per la famiglia, la gioventù e le attività sportive dell’Ucraina. Tale dipartimento ha accertato che venivano usati metodi di pressione psicologica e che durante le funzioni religiose veniva manipolata la coscienza dei seguaci del culto.

Secondo noi questo caso ha rivelato una tendenza, ossia che i culti lasciati a se stessi (dunque senza il dovuto controllo da parte dell’opinione pubblica e gli organi dello Stato) possono attivamente far ricorso a inganno e violazioni delle leggi per soddisfare i propri obiettivi materiali. I culti tendono a indossare la maschera di organizzazione pubblica che si preoccupa della società, che vuole combattere il suo male, ma al contrario sfruttano i problemi sociali della società a proprio vantaggio.

Non è prevista carità. Al contrario, questi culti si prefiggono di ricevere precisi privilegi immobiliari da parte delle autorità locali, un ampio riconoscimento sociale come organizzazione approvata socialmente sfuggendo così a possibili critiche, attraendo ulteriori donazioni dei seguaci sotto la maschera di filantropia nei confronti dei bambini e con la prospettiva di ingaggiare più e nuovi adepti. Questa situazione  non mette l’accento su niente altro che sulla gestione del culto sfruttando enormemente i bambini che, in cambio di questo sfruttamento, ricevono una ciotola di zuppa.

L’assenza di una tempestiva reazione da parte delle istituzioni statali ai fatti rivelati di violazioni di diritti umani in quel culto religioso sembra essere una situazione abbastanza tipica. Secondo noi questo atteggiamento ha diverse cause.

Innanzi tutto gli organi statali preferiscono aprire un caso di atto criminale o violazione di diritti umani quando questo assume un carattere chiaro e quando le attività abbiano già ricevuto dall’opinione pubblica un’etichetta psicologica negativa. Per esempio, in casi di violenza fisica o sessuale, accattonaggio, consumo di alcool, droghe, ecc. Ma il sistema di protezione tempestiva non funziona quando il danno che colpisce la salute fisica e psicologica del bambino non ha un carattere preciso ed è difficile o impossibile stabilirlo con mezzi oggettivi di determinazione.

In secondo luogo manca una procedura regolamentativa giuridica per respingere questo tipo di violenza psicologica. Mancano anche: una definizione giuridica di culto distruttivo e delle conseguenze negative, in primo luogo sulla salute dei minori seguaci del culto. Insieme a questo, c’è un numero insufficiente di esperti capaci di scoprire, classificare e documentare questo tipo di danni. In terzo luogo, quando la situazione dipinta è riscontrata da funzionari degli organi per il rispetto della legge o da organi per la tutela dei bambini, essi rimangono perplessi di fronte alla sua natura dualistica. Da un lato, i diritti dei bambini potrebbero essere stati violati ed è necessario reagire in un modo appropriato per ripristinarli ma, d’altro canto, dalla parte dei trasgressori, non esiste oppressore o maniaco a parte i genitori, il tutore o l’organizzazione le cui attività sono sotto l’egida dei diritti umani di libertà di coscienza e di credo religioso.

Il paradosso della situazione è che entrambi questi diritti hanno delle etichette positive, ma in una data situazione si confrontano e si oppongono gli uni contro gli altri. È necessario che scelgano uno dei due principi e dicano quale è male. Un funzionario compie questo tipo di scelta né con una insufficiente regolamentazione per quel tipo di situazione, né con la paura di violare i diritti religiosi di un culto, con la paura di essere inserito nella “relazione annuale sulla libertà religiosa internazionale”, elaborata dall’Agenzia per la Democrazia, i diritti umani e il lavoro”, distruggendo così la reputazione del paese e rovinando la sua carriera. Tali paure causano i veri successi del culto, ossia la possibilità di rimanere lontano da attenzioni e indagini, nonché lo sfruttamento economico, sociale, sessuale e fisico dei suoi seguaci. È più facile lasciare uno scheletro nell’armadio.

Nel caso di minori, il loro diritto alla libertà di coscienza è completamente sotto il controllo di genitori o tutori legali. Secondo la legge, essi non solo hanno il diritto ma anche l’obbligo di guardare come è praticata la religione dai minori sotto la loro custodia nonché di sviluppare il loro personale sistema di credenze.

I problemi sorgono quando i genitori o i tutori dei bambini sono membri di un culto distruttivo. Nel caso di una loro partecipazione mutua e attiva nelle attività del culto, i bambini non hanno praticamente possibilità di ricevere aiuto o protezione dall’esterno. Ma anche se uno dei genitori cade sotto l’influenza del culto, questo è spesso sufficiente per mettere in pericolo il precedente percorso di sviluppo intrapreso dal bambino.

Ciò è spesso collegato al fatto che dopo essere ammessi al culto, a uno dei genitori viene spesso richiesto di coinvolgere attivamente i restanti membri della famiglia. Abbastanza spesso ciò conduce a scontri all’interno della famiglia stessa e alla sua successiva rottura. Se la famiglia ha bambini, allora il membro del culto, come regola, inizia a lottare per ottenerne la custodia e l’affidamento. Avendo fallito con il proprio consorte, dirige la sua energia alla “semplice” acquisizione di una o più persone. È risaputo che il bambino unirà il neo arrivato al culto con legami più forti delle corde. Si tratta di un’ottima opportunità per il culto di dimostrare in modo vivido il suo potere nel risolvere i problemi di tutti i giorni dei suoi nuovi arrivati. Dunque, in questo stato di opposizione all’interno della famiglia, il culto sostiene attivamente il suo seguace dandogli aiuto psicologico e materiale. Nel caso in cui questo processo si concluda a loro favore, il culto guadagnerà l’opportunità illimitata di influenzare il bambino sia direttamente che mediante il genitore appartenente al culto, per sfruttare anche lui.

Per non far sembrare le mie parole vuote, presenterò esempi tratti da casi reali esaminati nei tribunali ucraini o che saranno esaminati nel futuro prossimo. In linea generale i casi possono essere divisi in varie categorie.

In una piccola città ucraina un padre si recò in una chiesa carismatica e divenne in solo due anni uno dei suoi ammiratori più zelanti. Sua moglie non era felice per questa sua adesione alla chiesa e, all’inizio, la considerava come una circostanza eccentrica ma pesante per la famiglia, ma niente di più. Con il passare del tempo finirono con il perdere quasi tutti i loro amici e con il cessare le relazioni con i parenti di entrambe le famiglie. Ma in una piccola città questo tipo di isolamento ha essenzialmente influito negativamente sulla qualità della loro vita. Non essendo riuscito a portare sua moglie in chiesa, il marito iniziò a nutrire “spiritualmente” il bambino di 4 anni. Lo portava sempre alle funzioni religiose, lo faceva pregare a lungo e lo mise a stretto digiuno. Dopo alcuni mesi il bambino divenne apatico, timido, perso ed emotivamente distaccato dalla madre, che lui associava a una sorta di pericolo (“vergogna, il diavolo parla per te” “chiedi a Dio e diverrai come papà”). La moglie chiese il divorzio e la custodia del bambino. Il tribunale accettò la sua richiesta.

Dal punto di vista legale, questo caso era il più semplice. Nell’esaminarlo il tribunale ha scelto il percorso tradizionale, dal momento che in Ucraina l’opinione pubblica prevalente è quella che in un divorzio il bambino venga in genere affidato alla madre e non al padre. Il padre non aveva delle serie argomentazioni legali dal momento che donava tutto il suo stipendio al culto con la promessa di diventare pastore e il tribunale non chiese il parere del bambino, tenendo in considerazione la sua minore età.

La seconda categoria di casi è più complicata. Dopo un divorzio consensuale, il bambino doveva vivere con la madre, mentre il padre si era spostato in un’altra città dove aveva creato una nuova famiglia. Passarono molti anni duranti i quali il padre non contribuì al mantenimento del figlio e non legò a lui. Una volta che il bambino compì 10 anni, iniziò a legarsi a lui e, con il permesso della madre, iniziò a frequentarlo. Al suo ritorno il ragazzo raccontò entusiasta di possedere alcune delle conoscenze speciali del padre. La madre non aveva abbastanza informazioni sul culto, che in questo caso era Scientology, e permise al ragazzo di unirsi al padre.

Alla fine il figlio scappò dal padre. Il ragazzo fu trattenuto alla centrale di polizia dove sostenne di non voler vivere con la madre bensì con il padre. La polizia e l’ufficio statale per gli affari giovanili adottarono l’approccio tradizionale e non fecero indagini sull’incidente ma lo considerarono un conflitto familiare. Lasciarono il padre, che si era recato in centrale, prendere il figlio con sé senza il permesso della madre. Ora il caso è ostacolato da nuovi fatti, reciproche accuse ed è in fase di valutazione in seno al tribunale con molte poche possibilità per la madre di vincere la custodia.

La terza categoria è la più complicata con una situazione che non rientra nel contesto tradizionale, per esempio quando la madre è attratta dalle attività di un culto ma il padre si oppone. In questo caso, le possibilità che il padre trovi la forza in se stesso di andare in difesa del proprio bambino e di utilizzare il tribunale per ottenere la custodia sono per il momento molto molto rare. In uno di questi casi, per esempio, una donna divenne una praticante attiva del culto in una delle chiese carismatiche. Dopo il divorzio, entrambi le figlie restarono a vivere con lei e in questo periodo il padre accettò la situazione considerandola la più appropriata. Continuò a occuparsi della loro crescita e a visitarle frequentemente. Sempre con maggiore ansia osservava come la madre iniziava a far conoscere alle figlie le attività della chiesa che frequentava.

Queste attività comprendevano: la regolare ed eccessivamente numerosa partecipazione a funzioni religiose, la scelta di una scuola dove le ragazze potessero studiare in cui gli stessi membri del culto insegnavano, la completa sostituzione dell’ambiente più stretto intorno alle ragazze, la limitazione o il divieto diretto di avere contatti con i parenti, sonnellino con in sottofondo i sermoni del culto registrati e così via. Dopo aver raccolto sufficienti informazioni e averle giudicate negative, il padre prese la decisione di iniziare a lottare per le proprie figlie. L’unica possibilità per cui potesse ottenere l’approvazione alla custodia da parte del tribunale era quella di presentare prove schiaccianti del danno reale alla salute psichica delle ragazze come risultato della loro partecipazione alle attività del culto.

 

L’esame degli esempi precedenti ci permette di trarre le seguenti conclusioni:

 

È necessario affrontare molto attentamente e distintamente un caso di violazione nella sfera della realizzazione del diritto umano alla libertà di coscienza.

Prendere in considerazione le peculiarità di un culto funzionante, in particolare in casi di abusi di altri diritti o libertà umane.

Valutare con precisione tale abuso per non permettere che un diritto umano sia usato come scudo per un’attività distruttiva.

Una peculiarità della reazione legale dello Stato alla violazione dei diritti dei bambini che hanno contatti con culti distruttivi e pseudo religiosi è che esso, tramite i suoi organi autorizzati, reagisce soprattutto a fatti concreti di violazioni di diritti dei bambini. Tale approccio “per fatti” e non a livello preventivo ha conseguenze particolarmente negative dal momento che l’oggetto sono i bambini, la loro salute psichica e fisica. In pratica sembra che il danno inizi quando lo Stato inizia a reagire e i risultati non sono sempre prevedibili. Dunque sia gli atti internazionali creati per proteggere i diritti dei bambini sia il sistema nazionale locale di legislatura che ha l’obiettivo di proteggere i bambini perdono la loro importanza.

L’impatto latente delle violazioni dei diritti dei bambini sul loro sano e salutare sviluppo fisico e psichico durante il contatto con un culto possiede una dimensione paurosa. Le aspirazioni spirituali, ovviamente, ci riguardano tutti. Non sono una manifestazione di moda ma si sviluppano più fortemente in un periodo durante il quale tali sentimenti religiosi possono essere sfruttati. Nel caso dell’applicazione del diritto alla libertà di coscienza ai minori, lo Stato deve prendere una posizione ferma sulla protezione dei loro diritti fondamentali e non basarsi sul parere dei genitori. Tali principi che rimangono irremovibili per gli adulti (con l’obiettivo di proteggere il loro diritto alla libertà di credo) devono essere trasformati per i bambini e integrati dal vantaggio derivante dall’assicurazione di uno sviluppo sicuro.